Gli obiettivi della strategia “Farm to Fork”
L'obiettivo della strategia Farm to Fork è ridurre queste cifre, garantendo che il sistema alimentare abbia un impatto neutro o positivo sull'ambiente senza sacrificare la sua resilienza, produttività o sicurezza.
La strategia Farm to Fork affronta quattro aree chiave della gestione della catena di approvvigionamento nell’industria alimentare: produzione, pratiche, consumo e rifiuti. All’interno di questo, presenta idee su come dovremo lavorare insieme per ottenere una migliore gestione dei quattro argomenti chiave, ad esempio come le diete future dovranno cambiare e come l’etichettatura obbligatoria potrebbe diventare la norma in cui le informazioni nutrizionali sulla parte anteriore della confezione oltre all’indicazione dell’origine.
Una sfida, forse la più urgente, è garantire che la transizione sia equa e non lasci indietro nessuno. Con il 65% degli adulti che lavorano a basso reddito in tutto il mondo che fanno affidamento sull’agricoltura per fare soldi (5) e con i raccolti già minacciati dal cambiamento climatico, la strategia cerca un equilibrio per garantire un sistema alimentare che preservi posti di lavoro, mezzi di sussistenza e tradizioni lungo la via.
La strategia si è prefissata di rendere il cibo più sostenibile e sano anche il più conveniente. Si sforza di fare della sostenibilità e delle emissioni zero un “marchio di fabbrica” per le imprese e una scelta obbligata per i consumatori.
Saranno premiati agricoltori, pescatori, imprenditori e altri attori della filiera alimentare che si impegnano attivamente nel processo di transizione. Ad esempio, le pratiche agricole che rimuovono la CO2 dall’atmosfera saranno premiate tramite la politica agricola comune (PAC) (6) o altre iniziative simili. Attraverso la PAC, gli agricoltori riceveranno sussidi per la protezione della terra, dell’acqua, dell’aria, delle piante e della fauna selvatica, nonché per affrontare il cambiamento climatico.
Nel 2022 sarà inoltre attuata una nuova legislazione sul biologico (7) che mira a facilitare la transizione degli agricoltori convenzionali verso l’agricoltura rigenerativa. Questo spera di vedere i prodotti biologici diventare più facilmente disponibili, il tutto riducendo l’uso di pesticidi nocivi, riducendo le emissioni dall’agricoltura, diminuendo i tassi di erosione del suolo e aumentando la biodiversità.
L’agricoltura rigenerativa cerca anche di aumentare la materia organica nel suolo, il che lo rende maggiormente in grado di assorbire il carbonio dall’atmosfera, il che significa che ha il potenziale per ridurre il cambiamento climatico invece di contribuirvi. In effetti, lo scienziato del suolo e vincitore del World Food Prize 2020, il dottor Rattan Lal, afferma che aumentare il contenuto di carbonio del suolo mondiale di appena il 2% riporterebbe completamente i gas a effetto serra nell’atmosfera a livelli di sicurezza.
Il problema ambientale va dunque affrontato avendo una visione internazionale, senza limitarsi alla sola Unione europea. Poiché questa condizione è difficile da realizzare, si dovrebbe agire su altri fronti. Fra questi si elencano il progresso tecnologico, funzionale al miglioramento della sostenibilità delle produzioni agroalimentari. Al contempo sarebbero necessarie politiche commerciali che scongiurino il pericolo di uno spostamento della produzione dalla Ue ai Paesi terzi. Indispensabile infine una differente politica di utilizzazione del suolo, accompagnata dalla introduzione in campo agricolo delle “quote carbonio”, alla stregua di quanto già fatto in altri settori. Rubando la battuta a un grande del ciclismo eroico del secolo scorso, si potrebbe dire “è tutto sbagliato, è tutto da rifare”.
“Il modo in cui possiamo contribuire a combattere il cambiamento climatico è evitare la perdita e lo spreco di cibo, rendere il sistema alimentare più circolare e promuovere un cambiamento nella dieta”.